martedì 23 aprile 2013

25 Aprile - Commento

Il 25 aprile del 1945 il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) ordinò l'insurrezione generale a Milano contro l'occupante nazista e le forze della Repubblica Sociale Italiana, lo stato fantoccio retto da Mussolini. A partire dall'anno successivo in questa data venne fissato l'Anniversario della liberazione d'Italia, una giornata in cui ricordare la lotta contro la barbarie nazifascista e tutti coloro che vi presero parte, molto spesso a costo della vita.

25 aprile 2013. Sono passati 68 anni da quel giorno e molti dei protagonisti di quegli anni sono morti: ha ancora senso dare così tanta importanza ad un evento così lontano nel tempo? Assolutamente sì, proprio perchè la memoria di “prima mano” relativa alla Resistenza e al secondo conflitto mondiale sta lentamente venendo meno, aprendo la strada a pericolosi relativismi, se non a vere e proprie mistificazioni più o meno grossolane. Non è un caso, infatti, che, proprio all'approssimarsi di questa ricorrenza, inizino a spuntare come funghi vari appelli ad una lettura condivisa di quel periodo storico o, addirittura, a rendere il 25 aprile la festa di tutti italiani. Come è facilmente intuibile, tutti questi espedienti retorici altro non sono che un tentativo - nemmeno troppo velato – di inserire nell'immaginario collettivo l'idea che, in fondo, partigiani e repubblichini non fossero poi così diversi tra di loro, se non per la propria scelta di campo. 
Chi si fa portavoce di questo pensiero non tiene conto di una differenza macroscopica, ovvero dell'asservimento della RSI al Reich hitleriano e l'attiva partecipazione ai crimini da esso compiuti. Le brigate nere, le bande di torturatori come la banda Koch e Carità e altre formazioni (para)militari repubblichine parteciparono attivamente alla deportazione degli ebrei italiani verso i campi di sterminio, alle attività antipartigiane che spesso si trasformavano in aperta violenza nei confronti della popolazione civile accusata di supportare i “ribelli” e alla fucilazione di ostaggi. Finita la guerra ben pochi pagarono per questi crimini, mentre per assurdo ad essere processati furono proprio quei partigiani rei di aver continuato la lotta resistenziale oltre i termini “ufficiali”.

Il 25 aprile può e deve essere un'occasione di riflessione anche in Sudtirolo. Le particolari vicende storiche che si sono svolte in quel convulso periodo che va dal primo al secondo dopoguerra, infatti, sono state usate e abusate – e tuttora continuano ad esserlo – per fini politici. 
Vale la pena ricordare come nel 2009 l'allora vicesindaco di Bolzano, Oswald Ellecosta della SVP, affermò pubblicamente che per la popolazione sudtirolese la vera liberazione non avvenne il 25 aprile del 1945, bensì l'8 settembre del 1943, data in cui la Wehrmacht occupò militarmente il territorio provinciale che, insieme alle provincie di Trento e Belluno, venne successivamente annesso al Reich con il nome di Operationszone Alpenvorland
Certo, durante il ventennio fascista la popolazione di madrelingua tedesca ha sofferto a causa delle opzioni e della campagna di italianizzazione forzata promossa dal regime fascista, ma ciò non giustifica in alcun modo l'adesione di massa della popolazione sudtirolese al nazionalsocialismo con tutte le sue conseguenze. Ellecosta dimenticava le deportazioni di massa che cancellarono la fiorente comunità ebraica meranese, dimenticava l'istituzione del lager di Bolzano e del sottocampo di Merano (entrambi rasi al suono dopo la guerra...), dimenticava l'eccidio della caserma Mignone contro prigionieri di guerra, la strage di Lasa avvenuta a guerra praticamente finita oppure la strage del 30 aprile 1945 a Merano.

Tutto questo ci dimostra l'importanza della memoria storica e la sacralità del compito di tramandarla alle generazioni future, in modo che certi orrori non si ripetano più. Un compito ancora più importante in un momento di crisi economica e sociale in cui idee come quelle nazifasciste trovano fertile humus proponendo “facili” soluzioni e agitando lo spauracchio dell'immigrato cattivo o del fantomatico complotto delle banche ebraiche, facendo leva sulle difficoltà economiche della gente. Un motivo in più per non abbassare la guardia se non vogliamo ripiombare in un abisso di barbarie.

by pakko

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