L'iniziativa del primo marzo è stata, nonostante la modesta
partecipazione, una manifestazione importantissima, capace di aprire
nuovi orizzonti politici. In primo luogo abbiamo voluto chiarire è che
l'approccio della politica nei confronti della crisi econimica è
sbagliato. Sono anni che i salari rimangono bloccati mentre i profitti
aumentano esponenzialmente e tutto questo non è dovuto ad una legge
naturale o matematica, bensì ad una scelta politica. Che fine fa la
ricchezza che produciamo? Costruiamo ville per pochi oppure strade,
scuole e parchi giochi per tutti? La risposta a queste due domande è
sotto gli occhi di tutti: chi ci ha raccontato la storiella del
trickle-down se ne è scappato coi soldi il Svizzera o alle isole Cayman.
Il primo marzo abbiamo detto una volta per tutte che noi non lo
accettiamo più.
In secondo luogo abbiamo cercato di ripristinare,
almeno simbolicamente, il concetto di comunità, una cosa non da poco in
un periodo dominato dal libero mercato. In passato, quando i poveri
erano ancora pochi, ci hanno detto che erano in quella condizione solo
ed esclusivamente per colpa loro, perchè avrebbero dovuto studiare o
lavorare di più. Oggi, invece, sono i ricchi ad essere la minoranza,
mentre la povertà risulta essere sempre più diffusa. Ciò non fa che
confermare quello che i "rossi" hanno sempre sostenuto, ovvero che la
ricchezza di pochi e la povertà di molti non sono due fenomeni separati,
ma due facce della stessa medaglia che non è altro che il sistema
capitalista. Il primo marzo abbiamo sostenuto la necessità di superare
le differenze culturali e sociali. D'accordo, le classi non esistono
più, ma la povertà è rimasta e parla molte lingue.
In terzo luogo
abbiamo voluto mettere l'accento sul fatto che il razzismo non è
soltanto un fenomeno culturale, ma anche e soprattutto economico e
politico. É vero, i Freiheitlichen sono al 20%, ma è stata la sVP a
votare la legge provinciale sull'immigrazione. É vero che i liberali di
centro(sinistra) parlano di tolleranza, ma non spendono una parola sullo
sfruttamento della forza-lavoro dei migranti in Sudtirolo e altrove.
Non una parola sui salari estremamente bassi di settori come
agricoltura, gastronomia e servizi. Non una parola sul fatto che il
benessere di cui godiamo in provincia è costruito sullo sfruttamento
degli stranieri che vengono fatti entrare mille alla volta ogni anno.
Per concludere, non basta alzare la voce una volta all'anno,
soprattutto in un contesto in cui la crisi economica dura da anni e non
vengono prese decisioni volte a migliorare la situazione. É ora di
finirla con un sistema economico, basato sul neoliberismo, sostenuto da
un populismo di destra xenofobo e razzista. Il primo marzo non deve
restare una singola data sul calendario, bensì il punto di partenza di
una nuova narrazione politica, sociale e antirazzista: serve un
movimento del primo marzo che unisca tutte le forze progressiste in
provincia e altrove. Le basi ci sono, quello che manca è il coraggio.
lunedì 5 marzo 2012
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