O meglio
l'ennesimo ragazzo ha trovato il picchiator, cara mia
Bella, aggredito
per aver cantato una canzone.
Per aver avuto, a diciassette anni, l’incosciente idea che libertà
e democrazia vogliano dire che una persona ha diritto anche a
cantare, se vuole. Per aver avuto, con l’ingenuità del Liceo, la
brutta idea di sottovalutare l’ignoranza delle mani mosse dal
bestiale istinto, perché il pensiero è da esseri senzienti, di
certi "bravi ragazzi". Per non aver capito che purtroppo il
fascismo è una malattia che non siamo ancora riusciti a debellare,
un cancro che si è evoluto in fretta durante la prima guerra
mondiale per venire sconfitto alla fine della seconda… ma la realtà
è che è rimasto latente, una metastasi silente che in molti hanno
ignorato mentre altri hanno cercato di denunciare e combattere.
Non sono riuscito a pensare ad altro per tutto il giorno. Perché le aggressioni, codarde e infime, si susseguono da oltre un anno a Bolzano, triste rigurgito di una provincia che da anni ha sotterrato i conflitti sociali sotto montagne d’oro. Sono aggressioni che purtroppo rimangono sommerse perché circa un anno fa ve n’era stata un’altra che si era conclusa con l'impunità di tutti i colpevoli. Hanno dovuto pagare poco più che una multa per aver attraversato con il rosso, come se picchiare delle persone fosse una semplice contravvenzione; o nel loro caso un’attrazione per cui pagare, un momento per fare un tuffo nell’adrenalina futurista dello squadrismo, nell’eroismo dell’attacco infame.
Il cuore nero di Bolzano non è mai sparito, mi è stato ripetuto spesso, soprattutto nelle analisi post-elettorali. Forse nel tempo ha perso la sua faccia violenta, forse qualcuno l’ha sottovalutata prima di noi e oggi ci sono ragazzi che si prendono mazzate per questo.
Quello che è certo è che il fascismo sia tornato allo scoperto: è uscito dalle fogne strisciando per spandere in città il suo lurido olezzo grazie alla paura, alla diffidenza, ad una società sempre meno capace di legami e solidarietà. Ha anzi sfruttato le crepe della società per arrivare sempre più in fondo, fino ad arrivare in Consiglio Comunale. Sono soggetti che si pongono come rivoluzionari e anticonformisti, per poi scadere nelle azioni più reazionarie, svendendo al Capitale il proprio voto (Affaire Benko: dopo lunga riflessione Monsieur Bonazza vota Sì, perché il capitale è brutto ma i negri puzzano di più) e ai potenti le loro braccia, come ennesimo strumento repressivo verso chiunque possa mettere in pericolo lo status quo. Soggetti che si gonfiano il petto e rivendicano orgogliosamente le loro azioni, salvo evitare di pagare le multe per affissioni illegali perché “non potete provare che siamo stati noi” (e per giunta non è degrado!), o ricorrendo a risarcimenti ridicoli per evitare i procedimenti, o mandando simpaticamente le persone a “bere di manco” mentre si tenta di pestarle, o il coraggio di una finta occupazione sgomberata da impiegati provinciali, o nascondendosi dietro “ignoti”.
Questa volta il pericolo era rappresentato da un ragazzetto, che nella sua ingenuità non ha compreso la forza sovversiva di un motivetto fischiettato. E che per questo è stato punito dai solerti difensori della città, che non hanno perso l’occasione per rendere Bolzano più sicura. Ora che ha la faccia tumefatta Bolzano è meno degradata.
Questa volta è andata così. Ma domani?
Domani servirà tutto il nostro impegno, il nostro bisogno di affermare che non è questa la Bolzano che vogliamo, non è questa l’Italia che vogliamo e neppure il mondo che vogliamo. Noi pretendiamo un mondo diverso, un mondo dove non vi è “degrado” perché non vi è povertà, dove non vi è “insicurezza” perché non vi sono soprusi, dove non ci sono “fascisti” perché non vi è ignoranza. Un mondo migliore per persone libere di vivere, non solamente di sopravvivere.
È necessario che ci stringiamo tutti intorno ad un ragazzo di diciassette anni pestato, al richiedente asilo colpevole di essere sopravvissuto alla sua storia, alla donna vittima del patriarcato (qualsiasi forma di sopraffazione esso comporti), all’operaio sfruttato… a chiunque in questo momento sia un diseredato. Che ci stringiamo tutti insieme intorno a lui, come fratelli, non per esprimere ma per fare solidarietà. Per rendere i nostri valori qualcosa di reale, tangibile, vero.
Per dire, cara mia Bella Costituzione, che non sei solo carta straccia, un po' di inchiostro sbiadito su pagine che in pochi hanno voluto leggere, ma ancora meno hanno voluto realizzare fino in fondo. E per dire a ogni altra persona che noi ci siamo, che vogliamo conquistare la luna e che per farlo dobbiamo camminare insieme. Cantando, perché avere vent'anni è avere i sogni grandi. Figurarsi diciassette.
Marco Pagot, Bolzano
Non sono riuscito a pensare ad altro per tutto il giorno. Perché le aggressioni, codarde e infime, si susseguono da oltre un anno a Bolzano, triste rigurgito di una provincia che da anni ha sotterrato i conflitti sociali sotto montagne d’oro. Sono aggressioni che purtroppo rimangono sommerse perché circa un anno fa ve n’era stata un’altra che si era conclusa con l'impunità di tutti i colpevoli. Hanno dovuto pagare poco più che una multa per aver attraversato con il rosso, come se picchiare delle persone fosse una semplice contravvenzione; o nel loro caso un’attrazione per cui pagare, un momento per fare un tuffo nell’adrenalina futurista dello squadrismo, nell’eroismo dell’attacco infame.
Il cuore nero di Bolzano non è mai sparito, mi è stato ripetuto spesso, soprattutto nelle analisi post-elettorali. Forse nel tempo ha perso la sua faccia violenta, forse qualcuno l’ha sottovalutata prima di noi e oggi ci sono ragazzi che si prendono mazzate per questo.
Quello che è certo è che il fascismo sia tornato allo scoperto: è uscito dalle fogne strisciando per spandere in città il suo lurido olezzo grazie alla paura, alla diffidenza, ad una società sempre meno capace di legami e solidarietà. Ha anzi sfruttato le crepe della società per arrivare sempre più in fondo, fino ad arrivare in Consiglio Comunale. Sono soggetti che si pongono come rivoluzionari e anticonformisti, per poi scadere nelle azioni più reazionarie, svendendo al Capitale il proprio voto (Affaire Benko: dopo lunga riflessione Monsieur Bonazza vota Sì, perché il capitale è brutto ma i negri puzzano di più) e ai potenti le loro braccia, come ennesimo strumento repressivo verso chiunque possa mettere in pericolo lo status quo. Soggetti che si gonfiano il petto e rivendicano orgogliosamente le loro azioni, salvo evitare di pagare le multe per affissioni illegali perché “non potete provare che siamo stati noi” (e per giunta non è degrado!), o ricorrendo a risarcimenti ridicoli per evitare i procedimenti, o mandando simpaticamente le persone a “bere di manco” mentre si tenta di pestarle, o il coraggio di una finta occupazione sgomberata da impiegati provinciali, o nascondendosi dietro “ignoti”.
Questa volta il pericolo era rappresentato da un ragazzetto, che nella sua ingenuità non ha compreso la forza sovversiva di un motivetto fischiettato. E che per questo è stato punito dai solerti difensori della città, che non hanno perso l’occasione per rendere Bolzano più sicura. Ora che ha la faccia tumefatta Bolzano è meno degradata.
Questa volta è andata così. Ma domani?
Domani servirà tutto il nostro impegno, il nostro bisogno di affermare che non è questa la Bolzano che vogliamo, non è questa l’Italia che vogliamo e neppure il mondo che vogliamo. Noi pretendiamo un mondo diverso, un mondo dove non vi è “degrado” perché non vi è povertà, dove non vi è “insicurezza” perché non vi sono soprusi, dove non ci sono “fascisti” perché non vi è ignoranza. Un mondo migliore per persone libere di vivere, non solamente di sopravvivere.
È necessario che ci stringiamo tutti intorno ad un ragazzo di diciassette anni pestato, al richiedente asilo colpevole di essere sopravvissuto alla sua storia, alla donna vittima del patriarcato (qualsiasi forma di sopraffazione esso comporti), all’operaio sfruttato… a chiunque in questo momento sia un diseredato. Che ci stringiamo tutti insieme intorno a lui, come fratelli, non per esprimere ma per fare solidarietà. Per rendere i nostri valori qualcosa di reale, tangibile, vero.
Per dire, cara mia Bella Costituzione, che non sei solo carta straccia, un po' di inchiostro sbiadito su pagine che in pochi hanno voluto leggere, ma ancora meno hanno voluto realizzare fino in fondo. E per dire a ogni altra persona che noi ci siamo, che vogliamo conquistare la luna e che per farlo dobbiamo camminare insieme. Cantando, perché avere vent'anni è avere i sogni grandi. Figurarsi diciassette.
Marco Pagot, Bolzano
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